Nel settore del pubblico impiego contrattualizzato, a titolo di risarcimento del danno per abuso contratti a termine va riconosciuta un’indennità economica omnicomprensiva da quantificarsi sulla base dell’art. 32 co. 5 L. 183/2010 (ora art. 28 d.lgs. n. 81/2015) tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. La Cassazione ritorna così sul c.d. “danno comunitario” nei contratti a termine del pubblico impiego con la sentenza con ordinanza della sez. IV, lavoro del 04 Febbraio 2019, n. 3189. La vicenda riguarda il ricorso presentato al Tribunale di Aosta per l’accertamento della illegittimità dei contratti a tempo determinato stipulati con una comunità montana ed aveva condannato, quest’ultima, al risarcimento del danno, quantificato in misura pari a venti mensilità dell’ultima retribuzione percepita. Il giudice d’appello ha escluso che potesse trovare accoglimento la domanda risarcitoria in quanto, da un lato, nell’impiego pubblico contrattualizzato il danno risarcibile prescinde dalla mancata conversione del rapporto, che deriva da una disposizione di legge costituzionalmente legittima e conforme al diritto comunitario, dall’altro il danno, al quale nel nostro ordinamento è estranea ogni componente punitiva o sanzionatoria, deve essere allegato e dimostrato dal soggetto che assume di averlo subito; La cassazione ha invece riconosciuto il diritto al risarcimento a prescindere da ogni prova. Il principio più volte affermato dalla Cassazione è infatti che “in materia di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine, la misura risarcitoria prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 5, va interpretata in conformità al canone di effettività della tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13), sicchè, mentre va escluso – siccome incongruo – il ricorso ai criteri previsti per il licenziamento illegittimo, può farsi riferimento alla fattispecie omogenea di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come “danno comunitario”, determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, senza che ne derivi una posizione di favore del lavoratore privato rispetto al dipendente pubblico, atteso che, per il primo, l’indennità forfetizzata limita il danno risarcibile, per il secondo, invece, agevola l’onere probatorio del danno subito.” (Cass. S.U. 15.3.2016 n. 5072);
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