LEASING: LA CONCEDENTE NON PUO’ COMPENSARE I CANONI SCADUTI

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La società di leasing deve versare al fallimento tutta la somma eccedente il credito residuo in linea capitale, e non può compensare in tale importo il suo credito per i canoni scaduti alla data del fallimento.
Il principio è stato ribadito dalla cassazione con Ordinanza n. 3200/2019 che ha deciso sul ricorso dalla Banca concedente un immobile in leasing. Al fallimento della società utilizzatrice la banca aveva riallocato l’immobile, ricavando un importo superiore al capitale formato dai canoni a scadere a dopo il fallimento. Sosteneva quindi di essere tenuta a versare al fallimento non l’intera differenza rispetto al residuo in linea capitale (ex art 72 quater LF), ma il residuo derivante dalla compensazione con i canoni già scaduti.
Il giudice delegato, e poi il tribunale di Firenze, avevano deciso negativamente “conformemente a un orientamento giurisprudenziale di merito e di legittimità (cfr. Cass. 15701/2011 e 4862/2010) secondo cui, in caso di cessazione del rapporto a seguito di scioglimento dell’utilizzatore, per capitale residuo comparabile con il valore del bene deve intendersi la quota di capitale compresa nei canoni non versati successivamente alla dichiarazione di fallimento, i canoni scaduti e non pagati alla data del fallimento (o dello scioglimento) vanno invece considerati crediti concorsuali e quindi insinuabili a prescindere dall’effettuazione delle operazioni di calcolo di cui alla L. Fall., art. 72 quater”.
Sul ricorso la Cassazione conferma l’orientamento, affermando che nella struttura normativa delineata dalla Legge Fallimentare il “credito residuo in linea capitale” – non può riferirsi che ai soli crediti ancora a scadere, e non avrebbe senso ipotizzare che il contesto della norma dell’art. 72 quater faccia riferimento anche (o solo) ai canoni già scaduti.
Di conseguenza, prosegue la suprema corte, sono nulle le clausole predisposte nei modelli contrattuali di leasing per il caso di scioglimento anticipato del rapporto che prevedono un diritto di soddisfazione diretta, ed esclusiva, del concedente sul ricavato da ricollocazione del bene (c.d. patto di deduzione) tanto per i canoni scaduti prima dello scioglimento anticipato, quanto per quelli ancora a scadere. Tali clausole sono da ritenere nulle “per contrarietà all’ordine pubblico economico”.


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