Con la Sentenza n. 254 depositata il 21 giugno 2018 la Corte di Appello di Trieste ha dichiarato la nullità della clausola del contratto di leasing che prevedeva il rimborso parametrato alle variazione del cambio fra euro e franchi svizzeri.
La clausola di indicizzazione a valute estere rappresenta una clausola introdotta da banca Woolwich e successivamente da Barclays per i mutui ipotecari, e da Hypo Alpe Adria Bank per i leasing alle imprese, molto diffuse dal 2004 al 2011 soprattutto al nord est, per l’acquisto di immobili e attrezzature strumentali all’esercizio dell’azienda.
Il più delle volte la clausola è parametrata al Libor CHF e al rapporto di cambio Euro/Franco svizzero (ma in alcuni casi anche al LiborJPY e al rapporto di cambio yen giapponese / euro.
L’effetto dell’inserimento nel contratto di una tale clausola è stata quella di legare il rimborso alle variazioni del cambio fra le due monete, ma tale assunzione di rischio, da parte del cliente, non ha alcuna ragione nell’economia contrattuale, se non puramente speculativa.
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Le ragioni della sentenza: la mancanza di consapevolezza del cliente
Di tale natura speculativa, e delle possibili conseguenze pregiudizievoli, i clienti non erano pienamente consapevoli, e, secondo la corte d’appello di Trieste, emergono, in ogni caso, vistose alterazioni del sinallagma fra le reciproche prestazioni del contratto di leasing. La prima risiede nel maggior vantaggio assicurato alla banca in caso di esito favorevole al cambio denominato storico (in realtà deciso dal concedente).
Se il cambio storico è superiore a quello di scadenza rilevato (cambio di riferimento della Banca Centrale Europea) la variazione è a favore della Banca ed è determinata moltiplicando il canone maturato (canone comprensivo dell’indicizzazione al tasso di interesse) maggiorato dell’IVA, per la differenza fra cambio storico e cambio a scadenza e diviso per il cambio a scadenza.
Se il cambio storico risulta inferiore al cambio a scadenza, la variazione è a favore del cliente ed è determinata moltiplicando la sola quota capitale per la differenza tra cambio storico e cambio a scadenza e divisa per il cambio a scadenza.
Tale meccanismo determina una condizione svantaggiosa per il cliente in quanto le variazioni sfavorevoli allo stesso vengono determinate su un importo maggiore (intera rata più variazione dovuta al tasso d’interesse più IVA) rispetto a quello su cui vengono determinate le variazioni favorevoli (sola quota capitale)>>
La seconda posizione di irragionevole svantaggio emerge dalla quotazione del cambio denominato storico, però non individuato secondo il calcolo dell’oscillazione media nell’arco di un determinato lasso temporale, bensì in base ad unilaterale insindacabile e non trattabile scelta dell’istituto finanziatore, il quale proclama il suo diritto di garantirsi dal rischio cambio, ma non esplicita nel contratto, né allega in qualche scritto difensivo, né prova, fornendo il documento (a lui vicino), quale fosse il cambio al quale si era procurato, sul mercato estero, la provvista in franchi, poi utilizzata per finanziare l’operazione richiesta dal cliente.
Le altre decisioni sulla irregolarità dei mutui e leasing in valuta estera
Numerose altre sentenze di tribunali, e decisioni dell’arbitro bancario finanziario, si sono occupate dei mutui e leasing indicizzati in valuta estera, su domande giudiziali di clienti danneggiati dall’esorbitante aumento dell’importo da restituire per il finanziamento. I giudici hanno in prevalenza concluso che la clausola di rischio cambio integra, a tutti gli effetti, un autonomo strumento finanziario derivato, e tale motivo deve essere dichiarata nulla per indeterminatezza (Tribunale di Udine sent. 100/2018) ovvero perché ha le caratteristiche e produce gli effetti di un investimento in titoli derivati, senza però che il soggetto finanziatore abbia assolto agli obblighi informativi previsti dal d.lvo 58/1998 (Testo Unico Finanziario) e dai regolamenti Consob applicabili nella prestazione di servizi finanziari.
Sulla scorta di tali valutazioni, il Tribunale di Udine nella sentenza 836 del 25/6/2018 ha dunque ritenuto grave l’inadempimento degli obblighi informativi e, dichiarato risolto il contratto avente natura finanziaria ravvisabile nella clausola di rischio cambio, ha condannato Hypo Alpe Adria Bank a restituire al cliente le somme pagate a tale titolo, maggiorate degli interessi legali. Sulla stessa linea la sentenza n. 1041 del 2 luglio 2018 sempre del Tribunale di Udine la quale ha riconosciuto che << La società attrice assume che la clausola di “rischio cambio” ha introdotto nel contratto di leasing uno strumento finanziario dotato di causa propria ed autonoma e che il mancato rispetto da parte della banca dalle norme che regolano la intermediazione finanziaria costituisce un inadempimento che giustifica la risoluzione del contratto concretato da tale clausola e obbliga la banca a restituire le somme incassate a detto titolo.
Tale prospettazione è conforme all’orientamento espresso in più occasioni da questo Tribunale che, nella persona di diversi giudicanti, ha ripetutamente riconosciuto natura di strumento finanziario alla clausola di “rischio cambio” inserita nei contratti di leasing>>
Anche l’Arbitro Bancario Finanziario ha, in varie occasioni, concluso nel senso che la clausola non espone in maniera chiara, e comprensibile in ordine alle “operazioni aritmetiche che debbano essere eseguite al fine di realizzare la duplice conversione da una valuta (Collegio di coordinamento decisioni nn. 5855 e 5866/2015)
Sul punto si è espressa anche la Corte di Giustizia, che ha rilevato come (cfr. C.G., 30 aprile 2014, n. 26, causa C-26/13) “l’articolo 4, paragrafo 2 della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che […] il contratto [di mutuo deve] esporre in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo di conversione della valuta estera […] nonché il rapporto tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole relative all’erogazione del mutuo, di modo che il consumatore sia in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi ed intellegibili, le conseguenze economiche che gliene derivano”.
In definitiva, la disposizione negoziale impedisce al mutuatario di comprendere il concreto funzionamento del meccanismo della duplice conversione del capitale residuo e quindi di valutare adeguatamente il rischio della doppia alea connessa all’andamento del cambio euro/franco svizzero, nonché di capire su quale capitale andrà effettivamente determinato il rimborso anticipato.
Un’ulteriore censura alle clausole di indicizzazione emesse da Barclays è anche arrivata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) con il provvedimento n. 27214 del 13 giugno 2018 il quale ha concluso che le clausole di indicizzazione, così come proposta dalla Banca, sono contrarie ai principi di chiarezza e comprensibilità previsti dall’art. 35 co. 1 del codice del consumo.
Tutte le imprese che hanno stipulato uno di questi contratti di leasing, e i privati che hanno stipulato i mutui, hanno piena legittimità ed interesse ad agire per recuperare parte delle considerevoli somme pagate in forza di una clausola di natura finanziaria, proposta dalla banca senza mettere il cliente compiutamente a conoscenza del rischio che si stava assumendo.
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