Nota a sentenza Cassazione penale, n. 13856 del 07.05.2020
Nell’appalto di opere, l’impresa committente ha una posizione di garanzia verso l’appaltatore, ed ai sensi dell’art. 21 e 26 d.lgs 81/2008, deve scrupolosamente osservare che la prestazione lavorativa venga svolta nelle migliori condizioni di sicurezza, fornendo l’opportuno supporto tecnico ed informativo necessario, all’esito di una preventiva valutazione dei rischi.
La vicenda è quella delle più classiche: il ricorrente caso di ricerca di un’impresa che esegua dei lavori al prezzo migliore, ovvero al prezzo più basso.
Il committente, quindi, verifica l’economicità della prestazione che chiede, ma spesso senza curare altri dettagli parimenti importanti, e che in talune circostanze possono addirittura fare la differenza. Tant’è che incaricato un lavoratore autonomo di istallare una tubazione per l’aria compressa, questi lavorando ad un’altezza superiore ai tre metri, purtroppo cadendo si procurava un trauma cranico che si rivelava per lui fatale.
Imputato il committente, per omicidio colposo con l’aggravante di aver violato la normativa prevenzionistica, veniva da prima assolto per poi essere condannato dalla Corte di Appello di Roma che riformulava la sentenza impugnata.
Le ragioni della condanna, risiede nell’aver fornito una scala al lavoratore, non ancorata, né trattenuta al suolo da altra persona, quindi inidonea alla lavorazione da compiersi. Non solo, al committente è mosso il rimprovero di non aver preventivamente valutato quel che si sarebbe reso necessario per eseguire in sicurezza la prestazione richiesta, e tanto senza dare rilievo alcuno al fatto che il committente non avrebbe potuto gestire ed organizzare l’azienda dell’appaltatore.
I passaggi di cui alla motivazione della sentenza, che si ritiene debbano essere messi in risalto, sono quelli afferenti alla responsabilità in materia di appalto, come prevista dall’art. 26 dlgs 81/2008, ed in generale le cautele che il committente/datore di lavoro deve attuare ogni qual volta commissioni opere da realizzarsi in ambiti che possono definirsi tecnicamente, ambienti di lavoro.
Non solo, la stessa accortezza poi, andrebbe praticata allorquando le opere siano da realizzarsi anche in ambienti domestici, nelle più classiche situazioni di lavori in casa, commissionati alle piccole aziende artigiane di fiducia, seppur nei limiti di cui al comma 8, art. 3, d.lgs 81/2008.
Rammenta la Corte che il giudice di merito ha ragionevolmente osservato che l’imputato era nelle condizioni di prevenire il rischio generico, non essendo in discussione che egli sapesse del lavoro da compiersi nella sua azienda. L’imputato, quale soggetto garante, avrebbe infatti dovuto valutare, in via preventiva, le modalità di esecuzione in sicurezza del lavoro, stabilendo che cosa sarebbe stato necessario per la sua attuazione (un trabattello), ed avvisando in tal senso l’appaltatore.
La tutela delle condizioni di lavoro e la garanzia delle sue condizioni di sicurezza rappresentano un problema che concerne l’ambiente di lavoro, indipendentemente dal rapporto civilistico del lavoratore con il titolare dell’impresa nei cui locali si svolge l’attività lavorativa.
Del resto, l’approntamento di misure di sicurezza, e quindi il rispetto delle norme antinfortunistiche, esula dalla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato o autonomo, essendo stata riconosciuta la tutela anche in fattispecie di lavoro prestato per amicizia, per riconoscenza o comunque in situazione diversa dalla prestazione del lavoratore subordinato o autonomo, purché detta prestazione sia stata effettuata in un ambiente che possa definirsi di lavoro (così Sez. 4, n. 7730 del 16/01/2008, Musso, Rv. 238756).
Consolidata è l’idea della Corte di Cassazione in materia di responsabilità del committente nell’appalto, perché titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa – essendo tenuto agli obblighi di verifica imposti dal d.lgs. 14 agosto 1996, n. 494, art. 3, comma 8, – sia in caso di omesso controllo dell’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro (Sez. 4, n. 23171 del 09/02/2016, Russo, Rv. 26696301).
In un caso analogo, è stato osservato che il committente del lavoratore che presti la propria attività in esecuzione di un contratto d’appalto, non è esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica con riguardo alle precauzioni da adottare con riferimento al rischio, non specifico, di caduta dall’alto (cfr. Sez. 3, n. 12228 del 25/02/2015, Cicuto, Rv. 26275701).
È noto che la Corte di legittimità ha, in più occasioni, ribadito che l’unitaria tutela del diritto alla salute, impone l’utilizzazione dei parametri di sicurezza espressamente stabiliti per i lavoratori subordinati nell’impresa, anche per ogni altro tipo di lavoro (Sez. 4, n. 42465 del 9/07/2010, Angiulli, Rv. 248918).
Si conclude quindi, ribadendo che il committente ha l’obbligo di verificare non soltanto l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti, ma deve tener conto anche della pericolosità dei lavori affidati (così Sez. 3, n. 35185 del 26/4/2016, Marangio, Rv. 267744 in relazione alla morte di un lavoratore edile precipitato al suolo dall’alto della copertura di un fabbricato, nella quale è stata ritenuta la responsabilità per il reato di omicidio colposo dei committenti, che, pur in presenza di una situazione oggettivamente pericolosa, si erano rivolti ad un artigiano, ben sapendo che questi non era dotato di una struttura organizzativa di impresa, che gli consentisse di lavorare in sicurezza).
Avv. Pasquale Morelli
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