La sentenza n. 3994/2024 del Tribunale di Firenze, emessa il 12 dicembre 2024, si colloca nel solco di un consolidato dibattito giurisprudenziale concernente la legittimazione attiva del cessionario nei procedimenti di recupero crediti derivanti da cessioni in blocco ex art. 58 del Testo Unico Bancario (TUB). La pronuncia ribadisce un principio cardine in materia probatoria: la mera pubblicazione dell’avviso di cessione nella Gazzetta Ufficiale non assurge a prova piena della titolarità del credito in capo al cessionario.
In particolare, il Giudice fiorentino statuisce che, qualora il debitore ceduto contesti specificamente la cessione, il cessionario non può limitarsi a produrre l’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Tale avviso, pur assolvendo alla funzione di rendere opponibile la cessione al debitore ai sensi dell’art. 1264 c.c., costituisce unicamente un indizio, non idoneo a dimostrare inequivocabilmente l’inclusione del credito specifico nell’ambito della cessione in blocco.
Il Tribunale, accogliendo l’opposizione a decreto ingiuntivo formulata dal debitore, ha revocato il provvedimento monitorio, conformandosi all’orientamento espresso dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 5478/2024 del 29 febbraio 2024. Tale decisione enfatizza la diversità di regime probatorio tra la fase monitoria e la fase di opposizione. In quest’ultima, l’onere della prova gravante sul cessionario è più stringente, richiedendo una dimostrazione rigorosa dell’esistenza e della titolarità del credito.
In sede di opposizione, il cessionario è tenuto a fornire prova puntuale della propria legittimazione attiva attraverso:
- La produzione del contratto di cessione, che deve comprovare l’effettiva inclusione del credito oggetto di controversia nell’ambito dell’operazione di cessione.
- In via alternativa, una dichiarazione del cedente che attesti inequivocabilmente l’avvenuta cessione e l’inclusione del credito specifico.
Tali requisiti assumono particolare rilevanza nel contesto di cessioni plurime, dove il cessionario deve comprovare la continuità del trasferimento del credito fino al suo dante causa. L’omessa produzione della documentazione contrattuale o di una dichiarazione liberatoria da parte dell’istituto di credito cedente comporta l’accoglimento dell’opposizione e la revoca del decreto ingiuntivo.
La sentenza del Tribunale di Firenze pone in evidenza come la giurisprudenza stia progressivamente elevando il livello di rigore probatorio richiesto ai cessionari di crediti in blocco, in particolare nella fase di opposizione a decreto ingiuntivo. L’approccio seguito, che attribuisce alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale una valenza meramente indiziaria, mira a tutelare il debitore ceduto da eventuali azioni di recupero infondate, garantendo una maggiore trasparenza e certezza nei trasferimenti di crediti.
Questo approccio è in linea con una visione più garantista del processo civile, dove l’onere probatorio gravante sul creditore è più stringente, specialmente in una fase come quella di opposizione a decreto ingiuntivo, in cui il debitore ha la possibilità di far valere le proprie ragioni.