La Corte di giustizia UE – Grande Sezione, con la sentenza del 20 marzo 2018 – Causa C-524/15 – nell’ambito di un procedimento penale a carico di un cittadino italiano per il reato di omesso versamento iva, interviene in tema di ne bis in idem ponendo in essere importanti principi alla legittimità della norma che prevede sanzioni tributarie anche in aggiunta a quelle penali.
La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Bergamo con ordinanza del 16 settembre 2015, e verte sull’interpretazione dell’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, alla luce dell’art. 4 del protocollo n. 7 alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.
La questione riguarda la contestazione amministrativa per l’omesso versamento dell’IVA risultante dalla dichiarazione relativa all’anno di imposta 2011. Dopo la conclusione di detto procedimento contro veniva avviato un procedimento penale per gli stessi fatti.
L’art. 4 del succitato protocollo stabilisce che nessuno possa essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale sia già stato condannato o assolto a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge e alla procedura penale di tale Stato.
L’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE stabilisce che nessuno possa essere perseguito o condannato per un reato per il quale sia già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge.
Secondo la giurisprudenza della Corte, il criterio rilevante ai fini della valutazione della sussistenza di uno stesso reato è quello della identità dei fatti materiali, intesi come esistenza di un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro che hanno condotto all’assoluzione o alla condanna definitiva dell’interessato.
Nella fattispecie, la nostra normativa nazionale, ovvero l’art. 13, comma 1, del D.Lgs. n. 471/1997, prevede le condizioni stanti le quali all’omesso versamento dell’IVA dovuta entro i termini di legge può conseguire la contestazione di una misura sanzionatoria. In conformità a detto art. 13, comma 1, e nelle condizioni di cui all’art. 10-bis, comma 1, e all’art. 10-ter, comma 1, del D.Lgs. n. 74/2000, una siffatta omissione può costituire oggetto di una pena detentiva da sei mesi a due anni.
Risulta che la normativa nazionale in discussione nel procedimento penale prevede, in maniera chiara e precisa, in quali circostanze l’omesso versamento dell’IVA dovuta possa costituire oggetto di un cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale.
Infatti nel caso di specie, benché la normativa nazionale in discussione nel procedimento principale consenta di avviare procedimenti penali anche dopo l’inflizione di una sanzione che chiude definitivamente il procedimento amministrativo, emerge che la normativa limita i procedimenti penali ai reati di una certa gravità, vale a dire quelli relativi ad un importo di IVA non versata superiore a EUR 50 000, (soglia elevata a 250.000 a partire dal 22/10/2015 per effetto del D.Lgs. 158/2015).
E’ opinione della Corte che, al cumulo di sanzioni devono accompagnarsi norme che consentano di garantire che la severità del complesso delle sanzioni corrisponda alla gravità del reato, considerato che un’esigenza siffatta discende non soltanto dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, ma altresì dal principio di proporzionalità delle pene di cui all’articolo 49, paragrafo 3, della medesima. Tali norme devono prevedere l’obbligo per le autorità competenti, qualora venga inflitta una seconda sanzione, di far sì che la severità del complesso delle sanzioni imposte non sia superiore alla gravità del reato constatato.
Spetta, quindi, al giudice nazionale accertare, tenuto conto del complesso delle circostanze del procedimento principale, che l’onere risultante concretamente per l’interessato dall’applicazione della normativa nazionale in discussione nel procedimento principale e dal cumulo dei procedimenti e delle sanzioni che la medesima autorizza non sia eccessivo rispetto alla gravità del reato commesso.
Per tale motivo, l’art. 50 della Carta deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale in forza della quale è possibile avviare procedimenti penali a carico di una persona per omesso versamento dell’IVA dovuta entro i termini di legge, qualora a tale persona sia già stata inflitta, per i medesimi fatti, una sanzione amministrativa definitiva di natura penale ai sensi del citato art. 50, purché siffatta normativa:
- sia volta ad un obiettivo di interesse generale tale da giustificare un simile cumulo di procedimenti e di sanzioni, vale a dire che la lotta ai reati in materia di IVA, fermo restando che detti procedimenti e dette sanzioni devono avere scopi complementari;
- contenga norme che garantiscano una coordinazione che limiti a quanto strettamente necessario l’onere supplementare che risulta, per gli interessati da un cumulo di procedimenti e preveda norme che consentano di garantire che la severità del complesso delle sanzioni imposte sia limitato a quanto strettamente necessario rispetto alla gravità del reato di cui si tratti.
Link e documenti
Sentenza Corte di Giustizia C.E. 20 marzo 2018 (Curia)
Sei un imprenditore , cittadino o straniero, accusato di reati collegati alla tua attività? LexOpera è lo studio legale a portata di mano per la difesa in sede penale o riguardo a sanzioni amministrative.
Chiamaci ora, descrivi il tuo caso o prenota un appuntamento in studio per un colloquio di orientamento e senza alcun anticipo di spese.